È estate, anzi qualcosa di peggio – questa temperatura me l’aspettavo all’inferno. Le membra si fiaccano, i cervelli entrano in ebollizione e la voglia di leggere se n’è andata almeno fino all’autunno: del resto, sotto l’ombrellone è più consono uno smartphone davanti al quale rincoglionirsi ulteriormente che un libro raffinato e impegnativo che ci dia da pensare e ci faccia riflettere. C’è voglia di divertimento, legittimamente: divertimento in mutande – a volte fatte passare per costume – ma tant’è. Perché tra un paio di mesi, non appena questo caldo globale avrà un po’ mollato la presa, lo sappiamo cosa accadrà, giusto? (Se no, non avete seguito le vicende del Cile, né quelle del più vicino ma altrettanto distante Regno Unito). Sì, lo sappiamo tutti ma non vogliamo pensarci proprio adesso. Grave errore: leggiamoci qualcosa di utile sopra quel telo da mare, qualcosa che possiamo portare comodamente in tasca come una bomba a mano: il Trattato del ribelle di Ernst Jünger.
Sì, quello Jünger. E sì, quel libricino caro a tante teste rasate (ma provate a interrogarli e vedrete che non l’hanno mai letto davvero…). Leggiamolo noi allora, così come leggiamo con diletto i libri di Malaparte che col fascismo ci trescò eccome – Jünger non sostenne mai attivamente il nazismo, e si tenne scrupolosamente alla larga dagli apparati goebbelsiani. «Nell’epoca in cui viviamo gli organi di potere ci interrogano senza posa… Ciò che gli importa non è la nostra soluzione, bensì la nostra risposta». Settant’anni fa Jünger si riferiva alle elezioni: ora possiamo dire lo stesso dei social media, di Facebook in particolare: dispositivi di potere formidabili – abbiamo o no al governo in Italia gente saltata fuori da un tragicomico sito internet? – la cui importanza e insolenza viene spesso sottovalutata. Mi sento tirato continuamente in ballo a dire la mia sui vaccini, sul decreto Zan, sui rondoni che cadono, per essere subito taggato come di destra o di sinistra. Vallo a spiegare che su molte cose si può essere equilibratamente a favore e contro al contempo, libertariamente comprensivi e critici.
«Lo spettacolo di grandi masse in preda al delirio della passione è tra i segni più importanti del nostro ingresso in un’epoca nuova» (continuiamo a chiamarlo nazista, dài…). «Tale è la suggestione di questo spettacolo da provocare, se non unanimità, almeno consonanza: un turbinio si leverebbe subito, infatti, a provocare lo sterminio di chiunque osasse esprimere una voce discordante». Oggi in realtà le voci discordanti hanno spazio, ma giusto per essere dileggiate dalla parte autoinvestitasi come unica detentrice della “verità”. Avanzi una sacrosanta critica ai vaccini, e perdi “amici”. Fai notare l’assurdità e pericolosità di molta legislazione “di emergenza” e vieni preso per irresponsabile. Giri all’aria aperta senza straccetto al naso e vieni bollato come fascista. Inevitabile, a questo punto, che quelle grandi masse inizino a farti paura, anziché entusiasmarti come negli anni giovanili: sono le stesse persone che nonostante doppio, triplo e quadruplo vaccino continueranno ad accettare le irrazionali imposizioni liberticide – ché di questo si tratta.
«La propaganda ha bisogno di una situazione nella quale il nemico dello Stato, il nemico di classe, il nemico del popolo sia già stato messo fuori combattimento e quasi ridicolizzato… Il semplice consenso non basta alle dittature: per vivere esse hanno bisogno altresì di incutere odio e, per conseguenza, di seminare il terrore». Dovrebbero essere cose ben risapute: restano comunque parole d’oro, un ottimo riassunto di cosa sia il potere e un perfetto compendio di etologia, antropologia e sociologia. L’ho già detto e lo ripeto: l’operazione che stiamo subendo è divide et impera – tenerci divisi nelle opinioni, allontanati dalla “distanza di sicurezza”, separati dalla paura eterodiretta. La sicurezza non è veramente ciò che si vuole ottenere: il potere anzi si nutre proprio del suo opposto, l’incertezza. «L’aspetto irritante di questo spettacolo è il legame tra una statura così modesta e un potere funzionale così enorme. Questi sono gli uomini… dalle cui decisioni milioni di persone dipendono» (le abbiamo viste tutti le rivoltanti immagini del G20, in cui l’unico degno d’ammirazione è stato il monumentale Nicola Frangione…).
«Ogni comodità ha il suo prezzo. La condizione dell’animale domestico si porta dietro quella della bestia da macello». Tutta la retorica dello stare a casa ha cambiato in profondità il modo di pensare e di (non) agire di molti: proprio ieri leggevo di una statistica che ci rivela che gli universitari preferiscono le lezioni online (potrebbe anche essere inventata, e sarebbe ancora più inquietante…). «Il Ribelle è deciso a opporre resistenza, il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata. Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà, il che si esprime oggi nell’intenzione di contrapporsi all’automatismo e nel rifiuto di trarne la conseguenza etica, che è il fatalismo». E ancora, il Ribelle «non si lascia imporre la legge da nessuna forma di potere superiore né con i mezzi di propaganda né con la forza». Mi sembra molto, molto chiaro. Superomistico, forse (e dunque ecco che scatta l’automatismo: “di destra”). Ma anche stirneriano, in fondo (e Stirner era un compagno… o no?).
Ok, lasciatemi sfogare – la verità è che la sinistra, ammesso che esista ancora e concedendo che un anarchico possa comunque simpatizzare più per una parte che per l’altra, mi aveva già deluso da anni. Oggi un’opposizione anche solo un minimo critica avrebbe fatto proprie le parole di Jünger: «assai sospetto, e dunque da considerare con estrema vigilanza, è l’intervento crescente che, di solito con pretesti filantropici, lo Stato esercita sull’organizzazione sanitaria… Non sappiamo in quali statistiche possano includerci, né se riguardino davvero e soltanto il settore medico. Ma tutte quelle fabbriche della salute con medici assunti e mal retribuiti, le cui cure vengono assoggettate al controllo burocratico, sono sospette: da un giorno all’altro – e non soltanto in caso di guerra – potrebbero assumere un volto inquietante». Ci sono voluti settant’anni, ma la profezia si sta realizzando appieno proprio oggi.
[Postilla per l’incauto e curioso lettore: a un certo punto il nostro trattatello si colloca su posizioni che qualcuno oggi potrebbe considerare intollerabilmente antivacciniste o socialdarwiniste («siamo proprio certi che il mondo delle assicurazioni, delle vaccinazioni, dell’igiene scrupolosa, della vita media più lunga sia un vantaggio?»); verso la fine, poi, prende una deriva spiritualista francamente indigesta, almeno a me. Chi non volesse passare al bosco con Jünger ma rimanere dalla parte più riconosciuta come libertaria può leggere in alternativa i Consigli a un giovane ribelle di Christopher Hitchens o La politica del ribelle di Michel Onfray. Che non scrivono bene come Jünger, sia chiaro: ma nemmeno indulgono in vagheggiamenti che fanno venire l’orticaria. L’importante è ripensare bene alla figura del ribelle, questa estate: ci servirà per l’autunno].
(Pubblicato nel numero 417 di Sicilia Libertaria)