Naturalmente cooperativi Altruisti nati di Michael Tomasello

Una delle più comuni obiezioni contro l’anarchia, lo sappiamo bene, è la ventilata prospettiva della vita grama e insicura che si menerebbe al di fuori dello Stato. Credo di non errare rilevando che tale ipotesi derivi da Hobbes col suo teorizzato ‘stato di natura’ e la conseguente ‘guerra di tutti contro tutti’; certo si è rafforzata nel comune sentire dopo lustri di esperienze vissute in contesti in cui, come si suol dire, ‘lo Stato latita’ – quando sarebbe più aderente al vero avvertire che, semmai, è più corrotto, più colluso e dunque più distante (più del solito, cioè) dai bisogni dei cittadini-sudditi.

Tornando alle premesse anarchiche, ritengo che uno dei nodi cruciali da sciogliere sia se l’uomo è naturalmente buono o meno – in termini meno moralistici, se è portato a cooperare con gli altri o se piuttosto il suo genetico egoismo lo fa essere un lupo per gli altri (tacerò delle ricerche etologiche sull’aggressività che attestano come il lupo, a differenza dell’uomo, sia dotato di istinti e rituali innati che ne smorzano quantomeno l’aggressività intraspecifica: basta leggere Lorenz). A dipanare il bandolo ci prova, sperimentalmente, Michael Tomasello, noto psicologo evoluzionista, con il suo recente Altruisti nati (Bollati Boringhieri 2010), frutto di una serie di conferenze con relativi dibattiti multidisciplinari.

Dopo una breve introduzione in cui rievoca la specificità dell’Homo sapiens – l’unica specie veramente culturale grazie a un’evoluzione fortemente sociale – l’autore enuncia i due leitmotiv della ricerca: l’altruismo (quando «un individuo si sacrifica in qualche modo per un altro») e la cooperazione (cioè che «più individui lavorano insieme per un vantaggio comune»). L’incipit tira in ballo i due pensatori che più di tutti meditarono sull’ipotetica natura preculturale dell’uomo, con esiti tuttavia opposti: Hobbes e Rousseau. (Una lettura attenta degli stessi ci rammenta tuttavia che le loro posizioni sono state nel tempo caricaturate: nessuno di loro pensava esattamente che l’uomo ‘per natura’ fosse buono o cattivo; ambedue, però, avevano in orrore l’anarchia). Chi aveva ragione? Entrambi, parzialmente. La tesi di Tomasello è che almeno nei bambini piccoli è possibile riscontrare una forte collaboratività spontanea – cosa che nei ‘grandi’ tende a scomparire per vari fattori, tra cui quelli educativi.

bambino che collabora

Memore della lezione di Dawkins, l’autore ci ricorda che in ogni caso «ogni organismo vitale deve contenere un po’ di egoismo, deve preoccuparsi della sua sopravvivenza e del suo benessere: in caso contrario, si lascerebbe dietro ben pochi successori»; di conseguenza «la tendenza alla cooperazione e la propensione all’aiuto degli esseri umani poggiano, da sempre, su un nucleo di interesse personale». Forse per questo non è ‘vera bontà’? In prima approssimazione direi: basta che funzioni (ricordiamolo: lo spauracchio dei liberticidi – e anche di molti sedicenti ‘democratici’ – è che senza Stato l’uomo si comporterebbe ‘naturalmente’ peggio, non facendo funzionare la convivenza pacifica); del resto è grazie alla straordinaria empatia innata della specie umana (permessa dai ‘neuroni specchio’) se è possibile ottenere un bicchiere d’acqua semplicemente manifestandone il desiderio.

Gli esperimenti condotti sono numerosi, e in rete sono disponibili filmati che mostrano dei bambini straordinariamente disposti ad aiutare il prossimo, anche a costo di interrompere i giochi – atteggiamento che comincia a mutare a partire dal secondo anno di vita, in cui l’ometto impara a mentire e ad essere più cauto, probabilmente per evitare lo sfruttamento da parte degli altri. Al contempo si cominciano a interiorizzare le norme sociali che spingono al conformismo, pur di mantenere la reputazione («un bene che ciascuno di noi coltiva e difende con tenacia») di fronte agli altri membri della società. Alla forza della reciprocità subentra quella della autorità; l’arbitrarietà delle norme soppianta l’universalità della biologia.

È la fine per ogni utopia? Per essere anarchici dovremmo spogliarci della cultura, la nostra ‘seconda natura’? Non necessariamente. Tomasello ci ricorda la famosa strategia collaborativa del tit for tat, «la cosiddetta ‘ritorsione equivalente’ – che si rivela particolarmente efficace per mantenere la cooperazione all’interno dei gruppi nel corso del tempo: dovresti cominciare in modo altruistico e poi trattare gli altri in modo selettivo, a seconda di come loro trattano te». In altre parole, se al nostro egoismo innato affianchiamo la considerazione che cooperare è conveniente, e riponiamo ciascuno un minimo di fiducia reciproca nell’altro aiutando chi ci aiuta, potremo riuscire a cacciare un cervo tutti assieme anziché accontentarci di una lepre agendo da soli. E se anziché un cervo da cacciare ci fosse un padrone da scacciare, la strategia è già fornita…

Tuttavia, da queste primitive interazioni sociali alle istituzioni il passo è breve. È triste da leggere per un libertario, ma pare che il conformismo, rendendo i gruppi umani più compatti, ne favorisce darwinianamente la sopravvivenza e la diffusione; inoltre, secondo l’autore, furono anche le norme – accompagnate da vergogna e senso di colpa – e le punizioni a far sì che i vari individui (adulti) prendessero in considerazione le aspettative e i desideri altrui.

Senza farci troppe illusioni, ricordiamo e concludiamo con Tomasello che «gli esseri umani non sono angeli della cooperazione: uniscono le forze anche per compiere gli atti più ignobili. Tali atti, però, di solito non sono diretti contro gli appartenenti ‘al gruppo’… La notevole capacità di cooperazione umana, perciò, sembra essersi evoluta soprattutto per interagire con il gruppo locale». Se però l’autore mira solo a ridefinire il concetto di gruppo funzionalmente alle esigenze di una società di massa, noi vorremmo anche denunciare e combattere le onnipresenti élite che reggono le nostre vite, tornando ad occuparci – come ogni altro animale – anzitutto del nostro territorio.

(Recensione anarchica pubblicata nel numero 305 di Sicilia Libertaria).

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