36 anni a 360 gradi Considerazioni del 36° genetliaco

Questo assurdo anno di mezzo della mia vita è passato. Un anno che mi ha fatto diventare padre – di un figlio che non volevo, almeno a parole, ma che stranamente e (stra)ordinariamente non mi dispiace, adesso. E muratore, anche – si seguono sempre le orme dei padri, alla lunga. (Speriamo non conseguano le paranoie, i deliri e le manie: ma si può sfuggire ai geni?).

Trentasei anni sono importanti, credo. Ho doppiato la maggiore età: ho ormai vissuto più tempo da maggiorenne che da minorenne – eppure come sembrano lunghi e pesanti quei pochi anni semicoscienti prima dei diciotto! Festeggio pure il decimo anniversario della laurea – dell’ultimo carnevale della mia vita. E comincio ad avere le prime ossa rotte – non solo metaforicamente: una costola è incrinata, e il mio pessimismo mi fa sentire un po’ l’Ivan Il’ič degli iblei.

Quando mia madre compiva trentasei anni, la mia mente tredicenne cominciava a dare i primi segni di vera e critica autocoscienza. Facile contestarla allora (la madre, non la mente!); adesso comincio a pensare che le madri hanno sempre ragione – pure la mia, che ci esortava sempre a stare alla larga da chi ama Dio e strafotte il prossimo. Non poteva però prevedere – e non lo previdi neanch’io – che Dio sarebbe stato sostituito dalla Natura, e i cattolici-cristiani-ecclesiasti dagli ecologisti-naturalisti-fricchettoni. La malattia mentale è la stessa, solo che le chiese si sono spogliate dei marmi e rivestite di paglia. (Pauperismo da strapazzo peraltro, visto che non c’è ecovillaggista senza introiti segreti e tenuti ben nascosti).

Ecco cosa mi ha portato la saggezza del trentaseiesimo anno: ho capito definitivamente che i gruppi di esseri umani sono la cosa più terribile e pericolosa al mondo. È ovvio: ci siamo evoluti come macchine da caccia – poi battaglia, poi guerra, e ora, nella più «civile» delle ipotesi, randellata verbale costante, protratta e sbandierata (se non puoi colpirli in testa, rovinagli la reputazione). Poi dici il razzismo… Sappilo: le persone che ti sembrano più sensate, oneste e ammirevoli sono solo quelle che meglio sanno dissimulare i propri problemi mentali – o sia il proprio adattamento alla vita.

Quest’anno, dopo un 2017 alle prese con letture psicologico-evoluzionistiche e chiuso giustamente con l’Odissea, ho ripreso a leggere romanzi. (Col sonno interrotto e la mente intor(p|b)idita dagli strepiti neonatali non è facile seguire ragionamenti da saggi). Trovo, manco a dirlo, che i romanzieri ne sanno più e meglio – e lo sapevano prima! – dei miei cari Pinker, Diamond, Eibl-Eibesfeldt e compagnia bella. Scoperte e riscoperte di queste prime 21 settimane – di questi primi 21 libri del 2018: Malaparte, Ballard, Houellebecq, Tolstoj, ma anche Vincenzo Rabito, Mordecai Richler ed Erica Jong – e pure Roy Lewis, certo! (Ora tocca un’altra chance a Philip Roth – ché quel Lamento era veramente tale).

Cosa sanno, in fondo, tutte le menti migliori? Che le menti umane sono instabili, profittatrici, insaziabili. Precarie, provocatrici e prevaricatrici. E sadiche, infinitamente. I suddetti psicologi-antropologi-evoluzionisti direbbero: l’uomo si è evoluto così, è normale che adesso è cotale – e letale. Certo, è una spiegazione un po’ tautologica e autoreferenziale, ma forse è necessaria per combattere gli eterni seguaci di Rousseau e gl’idealisti d’ogni sorta. Alla fine la vita somiglia più a un romanzo che a un trattato di filosofia. Per fortuna e purtroppo.

Forse mia madre aveva ragione anche nel sostenere che i libri non li puoi mangiare – non ti sfamano. Fosse per lei avrei dovuto spendere i miei (pochi) soldi non nelle librerie ma nelle pizzerie. È che ho sempre pensato che un buon libro sanno scriverlo solo in pochi, una buona pizza sa farla anche un idiota. Quel che non si trova più sono le buone basi, i buoni ingredienti. Con la consorte carissima, dopo il figlio, stiamo tentando di far (ri)nascere Casa Filosofica – sottotitolo: natura, cultura e buon cibo. E se la natura è quella che è, un po’ madre (comunque stronza) ma ancor più matrigna, la cultura e il cibo sono cose che possiamo ancora scegliere. Forse le ultime.

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