Unitaglia

1. Giungono fin quaggiù echi della festa piemontese: mi si vuole trascinare nel balletto – nel belletto – di un’unificazione statale per la quale, più che la nazione, poté la televisione. Chiaramente lo fanno con una lingua più universale che l’italiano: con colori e romori.

2. Se solo provassi a contestare la convenienza dell’italica unità a queste latitudini, la risposta sarebbe univoca: vorresti forse che la mafia prendesse il sopravvento? A domanda controdomanda: mi citeresti un politico che l’ha scontrata piuttosto che fiancheggiata?

3. Se per un verso lo Stato è alleato della Mafia, per l’altro ne è concorrente: c’è un duopolio di soggetti dediti all’estorsione più cruda – devi pagare per difenderti da loro. Si calcoli se ne ha fatte fallire, di imprese, più il pizzo mafioso o i tributi statali.

4. Dici ancora: un popolo unito giammai sarà diviso. Ma qualunque siculo vero – colui che entra la màchina, che scende la munnìzza, che esce la tùma – sa bene che appartiene a un popolo differente da quello piemontese, lombardo, veneto o emiliano.

5. Tra due secoli, festeggiando il 150° dell’unità d’Europa, qualcuno ricorderà quei dì in cui la TV parlava ovunque solo l’anglolingua per insegnar l’idioma a ogni idiota. Ma per unirsi agli altri distanti ci si deve pur staccare da qualcosa di molto vicino – da sé stessi.

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