Per una cultura permanente Guida pratica alla permacultura di Sepp Holzer

Molti di noi, dicevo, immaginano un mondo differente, senza banche né supermercati. Un mondo dove non c’è crisi, perché i soldi non esistono o non sono essenziali come lo sono oggi; un mondo non dominato dal capitalismo (di cui, non a caso, banche e supermercati sono i due principali emblemi e templi) ma nemmeno appiattito da un cieco socialismo di Stato. Probabilmente sogniamo: proprio nei momenti di crisi è più facile imporre la shock economy, come sa bene Naomi Klein. Ma è anche in questi momenti di crisi che si può e si deve riscoprire una solidarietà che prescinda dal mero scambio economico.

Negli ultimi decenni, a partire già dai tempi del boom economico – al quale era ovvio che sarebbe seguita un’implosione – non sono stati pochi coloro che hanno provato a distaccarsi dall’influsso dell’imperante e onnipresente sistema politico-economico di massa (chiamiamolo Stato o Capitalismo, non fa molta differenza). L’anelito libertario s’è manifestato in anarchici, hippie, figli dei fiori, comunisti, contestatori, ecologisti, artisti; oggi mi pare che l’esperienza più compiuta la si può riscontrare presso i cosiddetti “permacultori”.

La permacultura – termine che unisce alla permanenza (cioè la durata sostenibile nel tempo) sia la coltura che la cultura – non è una scienza esatta né una vera e propria dottrina, ma piuttosto un insieme di più discipline, un’autentica Weltanschauung che coniuga agricoltura ed ecologia, progettazione e sostenibilità. Tutte tematiche che oggi vanno molto di moda, ma che solo pochi sono capaci di mettere davvero in pratica. Tra i riconosciuti maestri qua in Europa vi è Sepp Holzer, di cui è stato da poco pubblicato in Italia Guida pratica alla permacultura (Arianna Editrice 2013).

Sepp Holzer

«Con questo libro mi sono prefisso di ottenere che sempre più persone tornino a considerare gratificante vivere in armonia con la natura e cercare di comprenderla, invece di combatterla», scrive Holzer. Tra i principi fondamentali della permacultura c’è la multifunzionalità, l’efficienza energetica, l’utilizzo di risorse naturali. Agricoltura, silvicoltura, architettura del paesaggio, allevamento (per i non vegani) e spesso anche turismo si intrecciano in una visione del mondo organica, “olistica”. La permacultura, in definitiva, è una riprogettazione sostenibile dell’esistente che tenta di affrancarsi dagli attuali sistemi di produzione di massa (i quali, dopo le prime abbaglianti promesse di benessere per tutti, si stanno rivelando come gli autentici distruttori degli equilibri della Terra). È perciò necessariamente ideologizzata, schierata contro le devastazioni e gli scempi ambientali e votata al recupero, al riuso e all’autosufficienza.

Già nella prefazione Holzer nota che «molti sembrano aver perso la propria capacità di pensiero autonomo e il proprio senso di responsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo». Il problema è culturale, dunque, ma ha una forte radice economica: per colpa della fame di profitto pochi individui danneggiano ampie fasce della popolazione, costrette all’indigenza. Quel che è peggio è che questo spesso avviene proprio «in aree in cui la fame dovrebbe essere sconosciuta, perché la terra è fertile e il clima così favorevole da poter offrire cibo in abbondanza per tutti», e non solo nel cosiddetto Terzo Mondo, ma ormai anche in Europa, dove «le piccole aziende agricole vengono perlopiù gestite come fonte secondaria di reddito, perché i contadini non sanno più come mantenersi con il proprio lavoro». Tutto ciò a favore dei grandi latifondisti e delle loro monocolture tossiche. Il superamento di un simile perverso sistema passa necessariamente attraverso la riappropriazione della terra.

Sepp Holzer

Tali obiettivi ci porteranno spesso dalle parti della disobbedienza civile, o anche dell’aperta illegalità. Lo stesso Sepp Holzer si è autodefinito “l’agricoltore ribelle”: la sua volontà di sperimentare nuovi sistemi ecologici lo ha portato più volte a cozzare contro l’autorità, a scontrarsi con l’onnipresente burocrazia. «Dovremmo vivere la nostra democrazia invece di comportarci da lemming e seguire ciecamente la massa, altrimenti prima o poi perderemo sia la democrazia che i nostri diritti». Le leggi sono spesso cieche e ingiuste; nella nostra visione del mondo tendono più spesso a salvaguardare l’illecito e l’immorale che a propugnare un ordinamento sociale armonioso.

Holzer, come ogni creativo e rivoluzionario, è impregnato di spirito autenticamente anarchico. «In base alla mia esperienza, è raro che mi arrivino consigli utili per il mio lavoro dalle istituzioni pubbliche, siano esse il comune, la Camera dell’agricoltura o un qualsiasi altro ente pubblico. Di solito per prima cosa mi viene illustrato tutto ciò che non è permesso. Se prendessi sul serio queste informazioni, non mi rimarrebbero molte alternative. La conseguenza è che pensiero e azione creativa restano tagliati fuori». Chiunque pratichi permacultura si accorgerà presto che l’autorità costituita fa di tutto per mettere i bastoni tra le ruote – ruote che spesso il permacultore nemmeno possiede, convinto com’è che si possa fare a meno di mezzi di lavoro meccanizzati che ci rendono dipendenti, ancora una volta, dalle potenze petrolifere.

Sepp Holzer

Il libro, al di là di questi spunti teoretici, è un vero e proprio manuale di permacultura e consta di cinque sezioni: architettura del paesaggio, coltivazione agricola alternativa, frutteti, funghicoltura, orti e giardini; l’aspirante permacultore, o anche il semplice appassionato di orti, vi troverà una miniera di informazioni utili, spesso alternative, per fare fruttare meglio i propri lavori (due su tutte: non è previsto l’uso di mezzi meccanici, se non all’inizio dell’impianto permanente delle colture, e non è contemplata la potatura degli alberi da frutto). Forse la componente sociale della permacultura vi è un po’ trascurata, ma il lettore, per farsene un’idea, farà prima e meglio a visitare qualcuna delle realtà che stanno prendendo piede anche dalle nostre parti. C’è un progetto di ecovillaggio proprio sotto Ibla, animato da alcuni cari amici; c’è un gruppo di mutuo soccorso, emblematicamente denominato MAI (Mutuo Aiuto Ibleo), che si riunisce almeno due volte al mese per lavorare, costruire e sperimentare assieme in ambito permaculturale; c’è il tentativo di avviare un mercatino Genuino Clandestino, momentaneamente messo da parte solo a causa di leggi bieche e dei controlli ferrei messi in atto a Ragusa; c’è un gruppo d’acquisto solidale dove è possibile conoscere, oltre ai produttori riconosciuti e “certificati” dallo Stato, anche quella galassia di piccoli contadini e artigiani (tra cui il sottoscritto e la compagna di vita) che, in giro per gli Iblei, vuole andare oltre il concetto di azienda agricola o agriturismo e sta trasformando dei piccoli appezzamenti di terreno in autentici laboratori, punti di aggregazione e fucine di un modo di pensare e agire alternativo, ecologico e anticapitalista.

(Recensione anarchica pubblicata nel numero 338 di Sicilia Libertaria).

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