La Repubblica: risposte finali

ALLIEVO – Le spiegazioni della Repubblica sono finalmente finite?
MAESTRO – Direi di sì. Non che non ci fosse altro da dire – ma alcune cose le chiariremo adesso; altre le riprenderemo probabilmente più in là. Altre ancora non voglio nemmeno toccarle: tutte le questioni teoretiche, ad esempio.
ALLIEVO – Parliamo di quelle pratiche, allora.
MAESTRO – Ben detto. A mio avviso, per meglio comprendere la questione dell’effettiva realizzabilità o meno della costituzione platonica, dovremo schiarire alcuni punti. E cioè: il problema della comunità (che alcuni dicono ‘comunismo’), quello della felicità e quello della libertà.
ALLIEVO – Già. A me la proposta di avere tutto in comune è sembrata forzata e disperata.
MAESTRO – Anzitutto ricordiamo che sarebbe valida solo per i custodi: la vita degli uomini di bronzo non sarebbe scalfita affatto, in un simile regime. Tuttavia, pur essendo valida solo per pochi eletti, nondimeno mi sembra andare contro ogni evidenza pratica e ogni acquisizione etologica. Se vogliamo colpire subito sul punto più cedevole: che i figli vengano scippati dalle madri e allevati da balie, e poi costretti a considerare come genitori tutti i custodi (o tutti quelli che abbiano potuti generarli), mi pare una sonora disumanità: quanto di bestiale vi è nell’uomo viene da Platone spazzato via a cuor leggero, in nome di una benefica animalità che guarda più all’anima che all’animale.
ALLIEVO – Crescerebbero dei piccoli mostri…
MAESTRO – Il suo presupposto è che, tra i custodi, nessuno possa dire “mio”, per mantenere salda l’unità. Il suo sogno è creare superuomini, creature più vicine al divino che all’umano. Non a caso, si direbbe che solo pochissimi sarebbero i folli (filosofi) disponibili a una simile trista vita; Adimanto lo capisce e lo chiede esplicitamente, all’inizio del libro IV. Socrate – Platone – risponde che la cosa più importante è il bene comune – la virtuosa felicità di tutti. Qua sta, a mio avviso, il secondo errore: la collettivizzazione esasperata della vita. Non c’è spazio per l’individu(alism)o; del resto, è pur vero che l’orizzonte politico dell’uomo greco era appunto quello della polis. Sono cambiati i tempi; ma l’uomo?
ALLIEVO – L’uomo è più restio a mutare.
MAESTRO – Biologicamente sì; culturalmente non direi – ma certe idee sono immortali. Come saprai, Platone è stato preso (anche) per totalitarista. Come tutti coloro che sono convinti di conoscere il bene, smania di svelarlo agli altri – e di imporlo, pure a scapito della libertà personale. Ora, la questione è molto complessa – i lettori del Mondo nuovo lo sanno bene. Il dilemma è vecchio: una felicità imposta è vera felicità? Meglio la libertà di scelta (anche dell’infelicità, all’occorrenza) o la felicità promessa? E poi, questo ‘bene’ può essere tale veramente per tutti?
ALLIEVO – Non a caso Platone parla anche di tre tipi di appetiti…
MAESTRO – Bravo. Perfetto. Questo è uno dei motivi per cui tendo a perdonarlo: ciascuno ha il suo piacere, e grossomodo tutti gli uomini si possono suddividere in quelle tre categorie – gli amanti del sapere, dell’onore… e dei piaceri gretti. A questo punto quel che non mi quadra è semmai la ferma suddivisione dei ruoli e dei doveri. Per Platone è inconcepibile un uomo al contempo amante della sapienza, della gloria e della ricchezza: delle tre, una e una soltanto. Col risultato di ridurre a burattini i singoli.
ALLIEVO – Perlomeno, così facendo, un uomo politico dovrà tenersi lontano dalle grettezze del danaro.
MAESTRO – Questo è un altro punto a favore di Platone. Ma dovrà tenersi lontano pure dai piaceri che non siano quelli dello studio – manco a dirlo, lo studio del Platone teoretico…
ALLIEVO – Questo è quel che più ti raccapriccia.
MAESTRO – In un certo senso, sì. Ovviamente poi c’è tutta una pletora di questioni ‘democratiche’ da affrontare: se è bene che esistano tre classi di uomini, se è giusto che sia una soltanto a governare eccetera.
ALLIEVO – Problemi non da poco.
MAESTRO – Da poco sì, invece, a confronto del problema più grave del pensiero platonico.
ALLIEVO – Credevo fosse uno dei suddetti…
MAESTRO – No: quelli valgono solo per me, per la mia sensibilità (non poi così lontana dallo spirito dei tempi, converrai: per questo lo spazio di confronto con Platone è inevitabilmente ridotto). Ma giungiamo alla fine: la Repubblica si conclude col mito di Er, come ben sai. Favola graziosetta anzi che no; ispiratrice di tanta metafisica cristiana per giunta ma, soprattutto, chiave di volta dell’intera costituzione platonica. Rileggiamone un po’ le ultime righe:

«E così s’è salvato il mito e non è andato perduto. E potrà salvare anche noi, se gli crediamo; e noi attraverseremo bene il fiume Lete e non insozzeremo l’anima nostra. Se mi darete ascolto e penserete che l’anima è immortale, che può soffrire ogni male e godere ogni bene, sempre ci terremo alla via che porta in alto e coltiveremo in ogni modo la giustizia insieme con l’intelligenza, per essere amici a noi stessi e agli dei, sia finché resteremo qui, sia quando riporteremo i beni della giustizia, come chi vince nei giochi raccoglie in giro il suo premio; e per vivere felici in questo mondo e nel millenario cammino che abbiamo descritto» (Resp. X, 621c-d).

Ora, come ben ricordi la Repubblica si apriva ponendo il problema della giustizia, prima ancora che della costituzione giusta. A me sembra che la questione, in questo mo(n)do, venga lasciata irrisolta. Vero è che per Platone giustizia è che ognuno attenda al proprio compito; tuttavia non si esaurisce lì. Giustizia è anche – lo capiamo bene in queste ultime pagine – la virtù che rende felici, in questa vita e nell’altra, per sempre.
ALLIEVO – Dunque il comportamento ingiusto comporta pene nell’“altra” vita.
MAESTRO – Esatto. Di più, la giustizia si fonda sul bene, sul vero bene. Ed è qua il nodo più arduo – almeno per me, miscredente come sono – della Repubblica. Da nessuna parte è detto cosa si debba fare per essere giusti e buoni, a parte attendere al proprio dovere di governanti, guerrieri o artigiani seguendo il bene. E il bene è illustrato soltanto tramite miti e metafore – il sole, il fuoco ecc. Ora, avrei fatto volentieri a meno di parlarne; tuttavia veramente il bene – anzi, il Bene – per Platone sembra essere la giustificazione dell’intero sistema filosofico-politico. Così quasi quasi presto orecchio a Reale
ALLIEVO – Insomma, credi che la Repubblica non abbia un buon fondamento.
MAESTRO – In realtà ha delle solide fondamenta, ma sono nascoste. E per me, come ben sai, tutto ciò che è (illustrato come) misterioso è fuffa.
ALLIEVO – Era meglio se le questioni ‘teoretiche’ le lasciavi da parte.
MAESTRO – Era meglio se le questioni teoretiche le lasciava da parte. Torno alla Politica.

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