Cosa può essere mai la filosofia

Ultimamente sono in vena di ridefinizioni, di ricerche di significati, di scoperta di confini invalicabili e limiti da oltrepassare. Mi chiedo incessantemente soprattutto, dato che dovrebbe essere il mio campo, cosa mai sia la filosofia: cos’è, cosa deve e cosa può essere e non essere. Ci hanno provato in molti, praticamente ogni filosofo e tutti gli storici della filosofia. Etimologicamente è noto che il termine evoca semplicemente l’amore per la sapienza, l’attrazione verso il sapere e la saggezza. Accetto di buon grado questa caratterizzazione, ma ancora non ci siamo: cogliamo lo spirito del filosofo, ma non i suoi limiti. (L’interesse per le riviste di meccanica è un sapere filosofico? I miei hobby mi rendono filosofo o semplicemente eclettico?) Forse può aiutarci definire l’oggetto della filosofia, e direi senza tema di smentite che i tre principali oggetti filosofici sono Io, Mondo, Dio (variamente declinati, escludendo dio che va oltre tutto, in dicotomie spirito-materia, anima-corpo, mente-cervello…) e di conseguenza le tre grandi branche della filosofia sono Etica, Fisica e Metafisica (non a caso Aristotele ed Hegel, che più chiaramente hanno intuito queste tripartizioni, sono i più grandi sistematori che la filosofia abbia conosciuto – e Cartesio, che sostenne fortemente il dualismo della realtà, l’iniziatore della filosofia moderna). Ma ancora non ci siamo: le scienze incalzano e scalzano la filosofia (scienze della natura e scienze dello spirito, ovvero la psicologia, la fisica e la teologia). Seguendo la lezione di Russell potremmo definire la filosofia come ciò che sta in mezzo tra la religione e la scienza, ovvero quella terra di nessuno contesa da entrambe. Ma anche così il mistero non si dilegua: non è chiaro se esiste qualcosa che compete soltanto alla filosofia, o piuttosto essa rompe le uova nel paniere tanto degli scienziati quanto dei religiosi (senza abbracciare né il dogmatismo degli ultimi né tanto meno l’empirismo dei primi). Un volo pindarico sulla storia della filosofia potrebbe aiutarci. Andiamo subito all’inizio. I primi filosofi che conosciamo pare si interessassero della ricerca dei principi della natura: il loro ambito era la cosmologia. Saltiamo alla fine: oggi nessuno che faccia cosmologia è un filosofo, o perché è un ciarlatano anche per il filosofo più metafisico o perché è uno scienziato stimato come Hawking. Questo può significare che l’oggetto della filosofia è stato corroso da due parti opposte, oppure semplicemente che è venuto meno o più probabilmente è diventato indagabile con metodi meno filosofici. La filosofia infatti è anche e soprattutto metodo, è argomentare: non a caso i soliti Aristotele ed Hegel parlavano tanto di Logica. La filosofia è parole: è dialogare, come sapevano bene i greci, ed è anche meditare e comunicare, come sapevano i moderni così come praticamente tutti i filosofi. Ma mi sfuggiva ancora il contenuto di quelle parole. Mi si è fatto chiaro soltanto negli ultimi mesi, per due vie opposte ma in qualche modo congiungentesi.

Magritte

Da un lato
Sono appassionato di neuroscienze. Credo siano il paradigma del nuovo secolo, e forse dell’intero nuovo millennio. Compro Mente & cervello, seguo voracemente le ultime scoperte neuroscientifiche e sono ben lieto di trovare nuove conquiste, nuove spiegazioni a quel mistero che è la mente dell’uomo. Tuttavia questo mistero così tenace è senz’altro l’oggetto principe della filosofia, nella svolta di Socrate e in quella di Kant ma sotto sotto in tutte le filosofie, teoretiche o morali che siano. Aristotele ci dava per primo la psicologia, e poi i moderni proseguivano l’indagine, con le loro ricerche sull’intelletto umano (ma c’è veramente un filosofo, a parte gli arcaici, che non si sia davvero occupato dell’uomo e della sua mente che pensa e agisce?). Poi venne il Novecento, vennero gli Psicologi (di professione), venne la psicanalisi e il comportamentismo, e soprattutto venne introdotto il metodo sperimentale nella psicologia rendendola una scienza – così dicono – e dunque affrancandola dalla filosofia. Ai filosofi restava un pugno di sabbia in mano (nell’altra c’era il pugno di mosche lasciato dagli studi naturalistici sperimentali da Bacone e Galileo in poi). Credo che le neuroscienze faranno lo stesso con la psicologia: la ingloberanno e la delegittimeranno al contempo. A questo punto si tratta di capire cos’è rimasto da afferrare per i filosofi. Escludiamo a priori Dio perché è oggetto di teologia, e dunque di religione, e in ogni caso è pure intangibile. Welt e Selbst li abbiamo persi strada facendo. Eppure si potrebbe tornare alla dimensione pratica, etica: la filosofia come modus vivendi, come condotta di vita e nient’altro. Penso tuttora che non c’è nulla di più soggettivo, nel mondo e nelle menti, dell’etica e dell’estetica, della morale e dell’arte, del dovere e del piacere, del Bene e del Bello. Ma neuroetica e neuroestetica sopravanzano (vedasi Gazzaniga e Ramachandran). Aspetto con ansia (ma non so se con gioia o terrore) il momento in cui i filosofi non potranno più occuparsi seriamente nemmeno di questi ultimi due ambiti; nel frattempo scruto con parecchie riserve le varie ricette sulla felicità (che altro non è che la congiunzione di etica-dovere ed estetica-piacere per l’appunto) che i filosofi hanno sempre proposto.

Dalì

Dall’altro lato
Ricordo ancora il Caffè Filosofico dell’anno scorso con Raciti. Quel pomeriggio ebbi l’impressione che stessimo facendo davvero filosofia, e la cosa fu bruciante. Mi resi conto cosa fosse davvero la filosofia. Poesia: non è altro. Arte, veicolata col linguaggio: tutto qui. Cogliere le connessioni del reale ed esplicarle in un caleidoscopio di Parole (parole parole parole): niente più. La scoperta fu dolorosa e non priva di conseguenze. Avevo seguito per anni le lezioni di Biuso e me ne dichiaravo entusiasticamente allievo: avevo riscoperto la filosofia in quell’aula, ma non avevo ancora capito cosa fosse di preciso, a parte un Tutto affascinante. La studiavo volentieri e mi convincevo delle sue ragioni, ma non ne coglievo la scaturigine. Poi, quel pomeriggio, realizzai che la filosofia è, in qualche modo, fuffa. Ovvero: possiamo cianciare di Spazio e Tempo quanto vogliamo, ma non possiamo prenderci sul serio, non possiamo pretendere di essere altro che artisti delle parole. Ciò certo non toglie che questa sorta di poeti, i sedicenti filosofi o comunque coloro che usano molte belle parole non abbiano talvolta intuizioni geniali sulla vita e sul mondo, e anzi ciò sembra avvenire insolitamente spesso (tutti i filosofi sembrano avere ragione!). Ma restano comunque anzitutto e per lo più giocolieri del verbo. C’è una bellezza che accomuna tutta la filosofia, anche quella che si esprime malvagiamente come in Kant (che tuttavia ha costruito una cattedrale di pensiero davvero trascendentale…). Una Bellezza che non è Verità, nonostante quel che diceva Keats. Se la verità è aderenza delle parole ai fatti (questo mi ricorda un po’ Wittgenstein), allora è posseduta soltanto dalla scienza, perché se non altro è il sapere più forte e “controllato” che abbiamo. La filosofia non ha a che fare col vero più di quanto le opere di Dalì o Magritte ne abbiano con la realtà, questa è la verità.

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