27 strategie per insegnare filosofia

Ci sono parecchi ripensamenti su un possibile futuro da insegnante: quanto detto ieri potrebbe non essere più valido oggi, anche alla luce di nuove, scontate acquisizioni – e comunque sottacendo quelle burocratiche, ovviamente (concorsi, sissis e graduatorie: suvvia, non pensiamoci parliamone un’altra volta!). Però, quando ci rifletto seriamente – di rado, a dire il vero – il brivido dell’ignoranza incompetente si mischia all’incertezza della modalità (e spesso, diciamolo, è proprio la forma che crea il contenuto). Ravvisando in spiegazione, interrogazione e valutazione i tre momenti salienti dell’insegnamento (in realtà la questione sarebbe molto più complessa e sfaccettata, ma ammettiamo che sia così: formalizziamo per semplificare), non riesco a districarmi tra tre triplette di opzioni – di strategie d’azione – per insegnare filosofia un dì (s’io non andrò sempre piangendo fuggendo di gente in gente…).

Spiegazione:
a. Appurando ignoranze ed esaltando conoscenze mie, parlo a braccio e un po’ a vanvera di chi mi piace e di ciò che preferisco. (I medievali e gli idealisti non sono affatto degni d’attenzione.)
b. La filosofia è pensiero, e la si studia esclusivamente leggendo direttamente i pensieri dei filosofi, commentandoli assieme in classe e usandoli come pretesto per dialoghi socratici.
c. Preparo la lezioncina a casa il giorno prima, dritta dritta dal manuale, e la spiego (si fa per dire) mediocremente come la ripeterebbe un buon alunno, senza fronzoli né entusiasmi.

Interrogazione:
a. Sprono e accetto un paio di volontari che espongano quanto appreso alla classe, comodamente ai loro posti in filosofica quiete.
b. Estraggo a sorte il malcapitato e lo chiamo sadicamente alla cattedra per un interrogatorio memorabile e accurato.
c. Interrogare singolarmente è del tutto inutile: si parla tutti assieme un po’ per volta, privilegiando partecipazione ed interesse.

Valutazione:
a. Dall’uno al dieci tutti i voti sono previsti e possibili. I mezzi punti sono sciocchezze; le insufficienze, necessarie e inevitabili. Chi merita merita; chi non merita, fuori.
b. Tra il 6 e il 9, compresi i mezzi punti, c’è una bella scala a sette gradini per valutare. Non dare almeno la sufficienza non solo non è etico e suona ormai ridicolo, ma soprattutto è un fallimento tanto per lo studente quanto per l’insegnante.
c. Metto 8 a tutti e taglio la testa al toro. (E il primo che si lamenta avrà un bel 2 complementare.)

Certamente le opzioni sono molte di più; le vie di mezzo e le varianti pressoché infinite, le combinazioni innumerabili. Tuttavia queste terne mi sembrano abbastanza rappresentative. Quel che è peggio, è che le loro combinazioni mi appaiono equiprobabili. M’immagino il prof. Tomasello schizoide, che spiazza gli alunni-allievi-discepoli per l’incostanza del suo comportamento e l’imprevedibilità dei suoi esiti. Certo, prefigurarsi di essere professori, perlomeno in tempi umani, è da insani di mente – o da inguaribili sognatori.

Lei al tramonto ragusano

Ne riparleremo.

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