Cinque motivi per cui non recensirò mai un libro

I colleghi e amici di Sitosophia m’hanno esortato più d’una volta a scrivere una recensione. Sono riusciti anche a strapparmi qualche mezza promessa, ma si sa: quando hanno a che fare con la mia volontà (scarsissima), le mie sono promesse da marinaio.

Così, in questi giorni di rinnovate letture, ho riflettuto a lungo sul perché non mi sono mai degnato di recensire un libro – se eccettuiamo quelle quattro righe mensili che stenderò frettolosamente (e che probabilmente sposterò presto su aNobii) più come promemoria che come (s)consigli di lettura. Ecco quali dubbi mi attanagliano ogni volta al solo pensiero di recensire un libro.

1) Se l’autore ha già detto tutto meglio di me, perché dovrei ripetere quelle cose peggio e in meno spazio?
L’autore ha scritto il suo bel libro. Ha ritenuto opportuno dipanare le sue argomentazioni (o le sue corbellerie) in cento, duecento, trecento pagine. Poi arrivi tu e in un paio di pagine al massimo tenti di condensare dei pensieri articolati, aggiungendovi pure le tue considerazioni. A che scopo? Vuoi criticare? Vuoi parassitare il testo? (Vedi interrogativi seguenti.) E perché mai? Vedo solo due (in)credibili giustificazioni: la prima, il tuo relatore ti ha chiesto esplicitamente di recensire i libri che adopererai per la tesi; la seconda, vuoi fare una marchetta all’ultimo libro del tuo migliore amico.

2) Perché tentare di risplendere di gloria riflessa?
Credi che la recensione sia merito tuo? No: dell’autore del libro. Guarda bene: hai saccheggiato il suo pensiero come una sanguisuga del testo; hai citato interi stralci della sua opera – è facile che almeno mezza “tua” recensione sia costituita da brani altrui (e l’altra mezza da parafrasi e perifrasi…). Non ti rendi conto che chi ha scovato la tua recensione cercava solo informazioni sul libro? Considera: non sei degno di apporre la tua firma sotto quella dell’autore – eppure lo fai a cuor leggero e con bieco orgoglio, e se hai avuto il culo di venire stampato la rivendichi pure come una tua pubblicazione!

3) Perché sprecare energie a recensire un libro anziché impiegare quel tempo per cominciare a leggerne un altro?
Hai finito il libro. Non vedevi l’ora. Presto però l’ora non potrai più vederla. Perché non impieghi quel lasso di tempo per affrontare una nuova lettura? Ah, giusto: le recensioni ti da(ra)nno il pane – briciole, certo, ma ingiustamente trafugate all’autore.

4) Se la recensione deve diventare un’occasione per ribadire sempre i propri stessi pensieri, a che serve?
Hai scritto la cara recensione. Credi giustamente di poterla definire tua, visto che l’hai farcita dei tuoi pensieri, dei tuoi tempi persi e dei tuoi luoghi comuni. Rivendichi anche originalità per il tuo prodotto. Bene: che motivo c’era di tirare in ballo il libro e l’autore? Scrivi un articolo, diamine!

5) Chi sono io per criticare?
Non solo hai scritto la recensione, ma ti sei anche prodigato a criticare l’autore, come se fosse tuo diritto. Facevi prima a dire: non m’è piaciuto, o sia: ho buttato via tot euri. Ma criticare una persona che quantomeno avrà studiato molto più di te e riflettuto sulle tematiche trattate nell’opera forse già da quando eri appena in fasce (nel caso di autore contemporaneo) è a dir poco iniquo e presuntuoso. Taciamo poi del caso in cui ti sei accanito contro un cadavere senza più diritto di replica né possibilità di ripensamenti…

Insomma, questi interrogativi ruotano attorno al principale: che senso ha scrivere una recensione? Se ti serve per fermare nello spaziotempo le impressioni che la lettura di quel libro ha suscitato in te, basta una classica schietta schedatura, neutra e obiettiva (potenzialmente costruita da sole citazioni e brevi riassunti), che farai bene a tenere privata. Se invece vuoi gridare al mondo le tue riflessioni (sempre più o meno scaturenti dal libro), puoi benissimo scriverle separatamente – o fare altrimenti.

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